Siamo tornati in Burundi lo scorso aprile con l’obiettivo primario di incontrare tutti i ragazzi che padrini e madrine italiani sostengono agli studi, nella scuola primaria e secondaria, e consegnare loro la seconda tranche della quota annuale.
Ma l’incontro è anche occasione per conoscerli meglio uno ad uno.
Si presentano alla spicciolata, sorridenti, a volte accompagnati dai nostri referenti locali, i più piccoli dai tutori, molto spesso soli. Pazienti, attendono il turno del colloquio. Molti sono grandi rispetto ai nostri parametri europei e sono “ripetenti”.
Il motivo c’è: a volte la scuola dista chilometri dall’abitazione e sono necessarie anche un paio d’ore di cammino per raggiungerla e un paio d’ore per ritornare a casa, spesso la malnutrizione, la malaria, altre malattie determinano interruzioni anche lunghe alla frequenza scolastica e poi, sempre, c’è la difficoltà di studiare in abitazioni sovraffollate e prive di luce elettrica.
Tocchiamo con mano un mondo che sapevamo ma che ogni volta ci colpisce come la prima volta.
Visitiamo alcune scuole per parlare con i responsabili scolastici dei ragazzi che Eccomi sostiene.
L’esterno di questi edifici, in mattoncini rossi, ha una certa dignità ma appena si entra nella stanza del direttore si capisce che a queste scuole manca tutto, ma proprio tutto. Si fa prima a dire quello che c’è: luce elettrica, carta (poca) e qualche penna. Non c’è ombra di computer o di macchina da scrivere, la fotocopiatrice il telefono o il fax sono roba dell’avvenire. Non manca invece la disponibilità dei direttori nel fornirci tutte le informazioni che chiediamo e nel darci il loro numero di cellulare per contatti futuri.
E dal momento che c’è qualche ora libera, andiamo a visitare nella collina di Kabuyenge il villaggio dove è attiva una delle cinque cooperative di donne batwa che Eccomi ha realizzato con il contributo della Provincia di Roma .
Donne orgogliose dei risultati raggiunti ci mostrano il vivaio dove in minuscoli contenitori di foglie di palma svettano piantine di fagioli e di moringa oleifera (è una pianta preziosa per i paesi con problemi di sottoalimentazione per le sue capacità nutrizionali, cresce infatti molto rapidamente e viene utilizzata in ogni sua parte, semi, fiori, frutta e corteccia) E con orgoglio ancora più grande ci portano a vedere un piccolo negozietto costruito con le loro mani per vendere i prodotti nel villaggio. Miracolo di donne africane, laboriose come formiche, consapevoli di volere e potere fare di più.
E a proposito di donne, un’altra specie di miracolo è, a Bujumbura, l’atelier delle donne con disabilità che sfornano a ritmo sostenuto tovaglie ricamate , abbigliamento per bambini, biancheria deliziosa, collane bellissime. Idee e modelli made in Italy , ma la manifattura precisa e accurata è conquista di queste donne che hanno ridato con questa attività un senso e una prospettiva nuovi alla loro vita difficile.
Con gli scout andiamo a Kanyosha, un quartiere periferico della città dove si trova una delle nove scuole dell’infanzia che gli scout gestiscono con il contributo di Eccomi.
La nostra associazione sostiene il costo degli stipendi dei diciotto educatori e di un pasto al giorno per i 1500 bambini che le frequentano.
E’ un progetto impegnativo: per Eccomi, per l’onere finanziario che comporta e per gli scout che ogni mese fanno il giro delle nove scuole per consegnare le derrate alimentari e per verificare che tutto funzioni a dovere.
Ma i risultati ci sono tanto che l’Unicef, che aveva avviato il progetto e aveva interrotto i finanziamenti per impegnarli altrove, si è congratulato con gli scout per l’ottima gestione e ha chiesto di incontrare Eccomi.
Arriviamo al momento del pasto : una buona porzione di riso e fagioli ogni due bambini. Così tutti i giorni, non c’è molta varietà nella dieta. Ci dicono che basterebbe un cucchiaino di olio di avocado al giorno per integrare la dieta con lipidi e questo sarebbe sufficiente per allontanare il rischio di malattie come il diabete. L’olio di avocado è molto nutriente ma molto costoso. Abbiamo la fortuna di incontrare il responsabile dell’azienda produttrice che, considerata la finalità, ce lo fornirebbe al prezzo di costo. Bisogna valutare se siamo in grado di sostenere la spesa.
Si conclude il nostro viaggio, ma prima di partire andiamo a conoscere la casa di accoglienza di Madre Teresa di Calcutta.
Una specie di angelo, la superiora, ci accoglie e ci spiega che la mission della loro casa è accogliere i bambini orfani fino all’età di sei anni (attualmente sono ottanta bambini) e i vecchi malandati e abbandonati.
Ci accompagna a vedere la grande stanza in cui in lettini di ferro simili a quelli dei reparti pediatrici dei nostri ospedali dormono una trentina di bambini da zero a un anno.
La scommessa è trovare famiglie disposte all’adozione nello stesso paese o attraverso adozioni internazionali.
Chiediamo: e i bimbi che non saranno adottati? Finiranno nell’orfanotrofio statale dove tristissimi destini li attendono.
Chiediamo: come trovate i mezzi per gestire tutto questo? La Provvidenza
Mi guardo intorno e sì, se anche avevo qualche dubbio, devo constatare che qui la Provvidenza è di casa.
Paola Busato
E il team di Eccomi: Gianfranco Sica, Presidente e Cornelia Radecke, responsabile progetto sostegno scolastico